La ricostruzione del ginocchio artrosico con tecnica mininvasiva
L’artrosi del ginocchio, così come quella dell’anca, è una patologia degenerativa in continua crescita, sia perché stiamo assistendo ad un aumento progressivo della vita media, sia a causa dell’obesità e sedentarietà, anche se fattori genetici non ancora chiari partecipano alla sua eziopatogenesi. Le donne sono sicuramente più colpite degli uomini, a causa di un ruolo non chiaro degli ormoni estrogeni. In altri casi può essere secondaria a condizioni predisponenti come pregresse fratture, infezioni, radioterapia e malattie congenite e metaboliche. Il fattore di rischio più importante è comunque il peso, e questo spiega la sua alta incidenza negli Stati Uniti, dove dell’obesità è molto più frequente e dove il 20% degli over 50 è affetto da artrosi delle grosse articolazioni, cioè ginocchio e anca. Sicuramente la prevenzione è il fattore più importante e consiste nella riduzione del peso corporeo e nell’attività fisica. Non esistono farmaci preventivi.
Il trattamento varia e dipende dal grado di artrosi e dalle aspettative e richieste funzionali di ogni singolo paziente: quindi va impostato sulla base di ogni singolo caso. I farmaci più efficaci sono il paracetamolo, gli antinfiammatori e gli oppiacei.
Il trattamento conservativo comprende inoltre la fisioterapia, allo scopo di rinforzare i muscoli e vincere le rigidità che si creano nell’articolazione artrosica. Il trattamento infiltrativo (acido jaluronico o cortisone) è indicato nelle fasi iniziali della malattia o come terapia alternativa in quei pazienti che non vogliono o non possono sottoporsi ad un intervento chirurgico. Nelle fasi avanzate della malattia, quando è compromessa la qualità di vita del paziente, è indicata la sostituzione protesica.
Il ginocchio infatti può essere diviso in 3 compartimenti: femorotibiale mediale, femorotibiale laterale e femororotuleo. Con il termine chirurgia mininvasiva si intende quindi la sostituzione solo del compartimento danneggiato e artrosico, lasciando intatti gli altri e soprattutto il legamento crociato anteriore e posteriore, responsabili della stabilità e propriocezione del ginocchio stesso (cioè del fatto che il paziente riesca a sentire ancora come suo il ginocchio anche dopo la protesi). Utilizziamo così le protesi monocompartimentali (mediali, laterali o femororotulee) quando uno dei 3 compartimenti è danneggiato, o la combinazione delle stesse quando 2 dei 3 compartimenti sono artrosici. Quando invece tutti e 3 i comparti sono usurati si utilizzano delle protesi totali mininvasive, a risparmio del legamento crociato posteriore ed in alcuni casi selezionati anche del legamento crociato anteriore.
L’età media dei nostri pazienti è di circa 65 anni ma questo non vuol dire che un paziente giovane con artrosi deformante ed invalidante non possa essere sottoposto a questo tipo di intervento chirurgico.
Anche i pazienti giovani, che hanno una forma di artrosi con limitazione funzionale (spesso si tratta di una artrosi secondaria a esiti di fratture), possono sottoporsi a questo intervento, consapevoli però che tutte le protesi non hanno una durata eterna. Infatti tutte le protesi, sia del ginocchio che dell’anca, hanno una sorta di guarnizione in plastica (polietilene) che può usurarsi col tempo e dopo circa 20-25 anni (tempo variabile a seconda delle caratteristiche del paziente e soprattutto del suo peso) deve essere sostituita. Quindi più il paziente è giovane maggiori sono le probabilità che debba sottoporsi ad un altro intervento di revisione per sostituire la guarnizione in plastica. Ovviamente si tratta di un intervento che non avrà lo stesso impatto sul paziente, che avrà un recupero sicuramente più rapido rispetto al primo impianto protesico.